Ernesto García: “La tua mente guida la tua parata!”

Ciao portieri oggi vi proponiamo l’intervista a Ernesto García fondatore del sito web serportero.com e preparatore dei portieri dell’U.d. Las Palmas.

Chi è Ernesto García?

“Sono una persona che si appassiona e che mette entusiasmo in tutto ciò che decide d’intraprendere nella vita e ho riscontrato nel calcio un modo per crescere personalmente e professionalmente. Con il calcio provo a contribuire alla crescita dei miei portieri, alla loro educazione e personalità, basata su quelli che sono i valori universali come il rispetto, l’umiltà e il sacrificio, cose che si stanno dimenticando ai tempi di oggi.”

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Quando è nata la passione per il ruolo del portiere?

“Ho iniziato a giocare a calcio come portiere a 7 anni, in strada. Successivamente sono entrato a far parte del settore giovanile del Barcellona dove ho fatto tutta la trafila fino all’età di venti anni.”

Quando hai iniziato ad allenare?

“Ho iniziato ad allenare i portieri 12 anni fa nella U.D Las Palmas, la squadra dove ho anche giocato da portiere.”

In Italia sei conosciuto grazie ai video dei tuoi allenamenti e devo dire che la tua grinta non passa inosservata. Ci spieghi meglio il tuo motto “Tu mente dirige tu parada”?

“Tu mente dirige tu parada” (letteralmente “La tua mente guida la tua parata”): se un portiere è ben preparato tecnicamente-tatticamente e fisicamente, ma il suo stato emotivo non è mai allo stesso livello, la sua situazione durante la partita è compromessa. Perciò penso sia importantissimo che l’allenatore dei portieri debba essere preparato a livello di allenamento mentale, PNL, intelligenza emotiva, nervi saldi, risoluzioni conflittuali e via dicendo. Così facendo capirà come funziona la mente e come si gestiscono le emozioni. Il portiere è il ruolo che ha più responsabilità e l’allenatore deve essere in grado di trovare soluzioni e di rispondere ai momenti di crisi del suo portiere.”

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Secondo te è giusto allenare un piccolo portiere con degli esercizi pensati e realizzati per portieri esperti? Oppure credi che bisogna lavorare sui fondamentali prima di arrivare a certe esercitazioni?

“Ho sviluppato una tesi che si chiama “Il DNA del portiere” in cui è racchiuso tutto il mio metodo. È difficile sintetizzarla adesso, però ti posso dire che per me la cosa più importante è che il lavoro abbia un senso. Tutti i lavori che svolgo non hanno niente a che vedere con la competizione, in campo non uso molte attrezzature né pretendo grandi sforzi fisici e c’è sempre la porta alle spalle.

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Metto in secondo piano l’automatismo, credo maggiormente nell’apprendimento guidato attraverso la presa di coscienza. Ciò che si comprende si conserva nella mente, e ciò che si conserva si può applicare. Il portiere non è un robot, deve essere cosciente di ciò che fa e del perché lo fa.

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Bisogna tener presente le tappe di maturazione, perciò noi preparatori di portieri dobbiamo anche essere a conoscenza di biomeccanica, psicomotricità. Ma io attuo sempre lo stesso metodo sia con i bambini di sette anni che con i professionisti: questa è una delle caratteristiche del mio metodo, tutto ciò sempre adattato al livello di difficoltà e intensità.”

Cosa pretendi dai tuoi portieri in allenamento e in partita?

“Negli allenamenti pretendo che siano motivati, attenti, concentrati e disposti ad apprendere. Per questo motivo l’allenatore ha la grande responsabilità perché tutto questo avvenga. Nelle partite pretendo che si sentano in uno stato di ‘flow’, ossia di piena sicurezza. Credo che il miglior allenatore di portieri sia colui che faccia scendere in campo il suo portiere con la massima sicurezza di sé.”

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In Spagna il ruolo del portiere è curato come in Italia?

“A questa domanda non posso darti una risposta certa perché è molto difficile giudicare.”

Hai messo a disposizioni le tue capacità e la tua esperienza anche in Africa quando poco tempo fa sei partito per incontrare le popolazioni meno fortunate. Ci racconti la tua esperienza?

“L’esperienza in Africa è stata una delle più belle della mia vita. Sapere di essere di aiuto attraverso il mio lavoro è stato gratificante. È stato molto emozionante vedere quattrocento persone in un villaggio africano che aspettavano solo il mio arrivo. Abbiamo fatto allenamento su campi sterrati a 46°, è stato molto bello ma anche molto difficile.”

Sei il fondatore del sito Serportero.com, vuoi parlarci di questa tua idea?

 “serportero.com possiede una filosofia diversa, un proprio metodo e un modo di concepire il ruolo tutto suo, né migliore né peggiore di altri, ma ciò che noi cerchiamo di fare è andare oltre. Innanzitutto inculcare i valori, l’etica, l’educazione e il rispetto. Tutti questi valori e principi sono i pilastri fondamentali affinché poi possano crescere, al di sopra di questi, gli aspetti tecnici-tattici e fisici del portiere, senza dimenticare gli aspetti emotivi e psicologici.”

“La formazione tra pari ha un potere enorme.”

Cosa vuol dire per te “essere un portiere”?

“Coraggio, responsabilità e spirito di iniziativa (leadership).”

Conoscevi “Il Portiere” prima di questa intervista?

“Sì vi conosco molto bene grazie alla rete e ai vari social.”

Grazie Ernesto!

“Grazie a voi, un saluto!”

 

Traduttrice: Roberta Bellini

 

 

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