Il Portiere ha intervistato il preparatore dei portieri del Mantova Calcio.
Ciao Michele, parlaci un po’ di te.
Ciao a tutti, sono nato 38 anni fa a Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza, dove ho passato tutta la mia infanzia. Da un po’ di anni con mia moglie vivo stabilmente a Vicenza anche se per motivi legati al calcio spesso sono un “girovago” della nostra splendida terra. Sono laureato in Scienze Motorie, ho un diploma di personal trainer, sono in possesso dei patentini di allenatore UEFA B e di preparatore dei portieri professionista. Al momento sono molto concentrato nel ruolo che sto ricoprendo a Mantova come responsabile dei portieri della Prima squadra e in parte sto dando una mano al responsabile del settore giovanile nel seguire i portieri delle fasce alte. Inoltre insieme ad un’altra persona, da quattro anni sono responsabile della Scuola portieri Keepersport Solo Numeri Uno con sede a Vicenza e Mantova. Organizziamo corsi annui e camp estivi per portieri, stage d’aggiornamento per allenatori. Sono stato invitato come relatore a diversi stage più o meno certificati. Scrivo articoli per il sito www.allenatore.com e nel tempo perso mi diletto a seguire alcune persone sotto l’aspetto del benessere e del mantenimento fisico. Sono appassionato di musica, di arte (ho frequentato un istituto professionale di grafica pubblicitaria e lì è nato questo amore) e quando posso cerco di vedere mostre, città d’arte, musei, mi piace leggere e infine sono amante della buona cucina e del buon bere e allo stesso tempo cerco di documentarmi per ciò che riguarda la sana alimentazione.
Quando è nata la passione per il ruolo del portiere?
La passione per il ruolo del portiere è nata a 8 anni, prima giocavo da centrocampista e come spesso accade, in una partita mancava il portiere ed essendo il più alto il mister decise di mettere me. Da lì per due anni, nella squadra del paese giocavo due tre volte a settimana e con tre categorie diverse per poi passare nelle giovanili del Vicenza Calcio dove ho fatto tutta la trafila fino agli Allievi Nazionali. Poi la mia carriera è arrivata al picco massimo dell’allora C2 e a scendere fino alla Promozione.
Quando e dove hai iniziato ad allenare?
A 19 anni studiavo e frequentavo quella che ora è la facoltà di Scienze Motorie, quindi dopo le scuole superiori avevo già deciso il mio percorso di studi e lavorativo e visto che ero un portiere mediocre decisi che oltre a giocare potevo intraprendere una nuova esperienza, quella di allenatore dei portieri. Ho iniziato ad allenare a 19 anni, giocavo in serie D a Montecchio Maggiore e parlando con il Presidente venne fuori che mancava una figura per i portieri delle fasce basse del settore giovanile e mi propose quel ruolo. Da lì è stato un susseguirsi di esperienze e sperimentazioni di metodologie d’allenamento. L’anno successivo allenai tutti i portieri del settore giovanile del Montecchio, poi cambiai vari settori giovanili dilettantistici e provai anche l’esperienza di seguire i portieri della Prima squadra di un’Eccellenza che si fortunatamente si allenava al pomeriggio. Da lì feci due anni nel settore giovanile del Cittadella, il primo seguendo le fasce basse, il secondo diventando responsabile dell’area portieri e allenando i portieri della Berretti e degli Allievi. Per altri due anni con questa mansione passai al Padova Calcio. Finita questa formazione arrivò la chiamata della Prima squadra del Sudtirol in C2, tre anni splendidi e formativi tra C2 e C1; poi un anno sfortunato che per vari motivi non dimenticherò in C2 alla Sambonifacese. Successivamente mi chiamò il Vicenza Calcio in B, la squadra della mia città dove restai per tre anni tra B e Lega Pro e ora da due sono sotto contratto federale a Mantova in Lega Pro. Nove anni consecutivi che mi stanno dando la possibilità di portare avanti una continua voglia di migliorarmi e una passione che si è tramutata in lavoro.
Ci racconti la tua esperienza al Vicenza e cosa ti ha lasciato a livello di formazione?
Come ho detto prima, allenare la squadra della propria città è qualcosa di unico, se poi questo lo fai anche in Serie B e per tre anni, il valore si alza ulteriormente. Vi racconto un aneddoto, nel primo giorno di ritiro calcando l’erba dello stadio Menti che fino a dieci anni prima ammiravo solo dagli spalti mi ha emozionato a tal punto di fare un giro di campo e piangere. Ero riuscito a raggiungere due obiettivi che mi ero prefisso all’inizio della mia breve carriera, allenare in B e essere il responsabile dei portieri della squadra che avevo sempre sognato di allenare. A livello di formazione poi mi ha dato la possibilità di confrontarmi con allenatori e staff che in diverse misure mi hanno lasciato qualcosa anche a livello di aggiornamenti, conoscenza di materiale tecnico. Poi ho allenato portieri che hanno giocato in A, B, Nazionali giovani e vecchi ma tutti con dei vissuti importanti e particolari e allo stesso tempo mi hanno dimostrato che il detto “più in alto sei e più professionalità c’è” non è solo una frase che qualche addetto ai lavori spesso dice, ma è realmente ciò che si nota vivendo dei professionisti che hanno qualcosa in più in molti sensi per essere arrivati nel calcio che conta. Inoltre respirare l’aria di un ambiente molto più professionale di altri, ricco di storia, con tutto che profuma di Calcio, vivere alcuni stadi “storici” o comunque importanti per il nostro calcio, conoscere e confrontarsi con addetti ai lavori che sono nel calcio di un certo livello da anni, avere a che fare con una dirigenza competente e seria.
Tutto questo per uno che come me non ha fatto il giocatore ad alti livelli e ha costruito la propria carriera sul sacrificio, nuotando in un oceano immenso vuol dire una sola cosa: sei sulla strada giusta.
Quest’anno alleni i portieri del Mantova Calcio, Bonato e Maniero. Che rapporto hai con loro?
Sono due portieri oltre che capaci, anche socievoli e solari. Poi come spesso capita, con i “miei” portieri riesco ad instaurare un rapporto diretto, di stima, professionalità e sintonia e allo stesso tempo questo tipo di gestione permette di avere armonia all’interno di tutto il gruppo portieri sia nei miei confronti che tra loro. Questo non vuol dire che non ci siano momenti di scontro o confronto, ma l’essere “onesti” e “veri” credo che alla fine paghi sempre.
Cosa pretendi dai tuoi portieri in allenamento e in partita?
Sempre il massimo, soprattutto per quanto riguarda l’atteggiamento proprio del ruolo e quello psicologico, se alla base c’è questo sia l’aspetto tecnico, che tattico, che fisico a volte possono essere soggetti a qualche flessione.
Qual è la tua filosofia di allenamento?
La mia filosofia parte dalla base che il portiere prima di tutto deve essere un’atleta completo. Ad ognuno chiedo (devono rispondere in maniera leale e reale) di scrivere la loro settimana alimentare per poi cercare di migliorare la qualità dei cibi laddove ce ne sia la necessità e sia aumentando che diminuendo i grammi. Inoltre cerco di fargli capire che la prevenzione sta alla base di ogni atleta sano, infatti hanno l’obbligo, almeno all’inizio, che poi si trasforma in piacere, di arrivare un’ora prima dell’allenamento per andare in palestra ad eseguire esercizi personalizzati e pure finita la seduta completano la loro sessione con altri lavori rivolti a tutte le parti del corpo. Nella settimana tipo, soprattutto all’inizio non manca una buona parte rivolta alla tecnica analitica, e man mano che ci si avvicina alla partita l’attenzione viene rivolta alla parte situazionale senza mai dimenticare di correggere i portieri nei frangenti in cui ci si accorge che il gesto non è pulito o efficace. Negli anni ho cercato di semplificare al massimo le sedute utilizzando pochissimi colori o attrezzi tecnici perché mi sono reso conto che riproporre tutto ciò che avviene in gara inserendo alcune difficoltà è la cosa che noto abbia maggiore impatto sul risultato finale. Infine per me allenamento è anche analisi video sia per quanto riguarda le sedute tecnico tattiche, sia nell’analisi della nostra gara, sia di partite di altri portieri per prendere spunti negativi o di rafforzamento su qualcosa che si vuole proporre.
Cosa vuol dire per te essere un portiere?
Partendo dal presupposto che il portiere essendo l’ultimo baluardo della squadra, deve PARARE. Per me il portiere deve essere matto e non potrebbe essere altrimenti, ma deve essere soprattutto riflessivo. Deve basare la propria carriera sulla mentalità che per ottenere qualcosa ci vogliono forza di volontà per affrontare qualsiasi tipo di situazione, costanza nel ripetere giornalmente tutti quei gesti tecnici che poi diventeranno utilissimi anche nelle situazioni più disparate e soprattutto potranno farlo uscire dagli schemi con più facilità nel caso queste siano diverse da quelle che si aspettava. E a livello tattico oltre ad essere un portiere intraprendente e d’attacco, deve avere una capacità di lettura spaventosa soprattutto per il calcio moderno. Sia con le mani che con i piedi deve avere attitudini che gli permettano qualità in ogni momento.
Come inquadri il calcio nella tua vita attuale e futura?
Al momento dopo la famiglia, è la cosa prioritaria. È quel fattore che mi permette di esprimere al meglio le mie qualità. Ciò per cui ho sacrificato affetti, tempo e denaro con studi, aggiornamenti, chilometri. In futuro spero ci sia per molti altri anni perché l’adrenalina che mi trasmette essere su un campo di calcio o in un ufficio ad analizzare insieme ai miei portieri le diverse situazioni a video è impagabile. Poi sembrerò matto, ma a giugno spesso quando si cerca squadra e un nuovo contratto, nella speranza che arrivi il prima possibile sale un “qualcosa dentro” che mi fa stare vivo. L’avere un posto fisso senza nulla togliere a chi se lo è guadagnato mi farebbe morire dentro. Proprio in questi giorni con il Mantova abbiamo fatto un ritiro di quattro giorni a Coverciano e la carica e l’energia che trasmettono questi luoghi per uno che fa il mio lavoro è unico.
Conoscevi “Il Portiere” prima di questa intervista?
Assolutamente, l’ho conosciuto grazie a Facebook e qualche volta ho avuto il piacere di sfogliare le pagine per vedere foto e video.
Grazie mille Michele è stato un piacere!
Grazie a Il Portiere e Alberto Biasella per l’opportunità che mi è stata data nel far conoscere la mia esperienza. Buona vita!